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Intestazione

116 Ib 435


53. Estratto della sentenza 15 giugno 1990 della I Corte di diritto pubblico nella causa Edilbeton S.A. c. S. Rigamonti e Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (ricorso di diritto amministrativo)

Regesto

Limitazione del carico inquinante fonico e atmosferico: strategia a due fasi prevista dall'art. 11 LPA in relazione con gli articoli da 12 a 15 LPA (consid. 5a, c, e).
1. A differenza dei cementifici, gli impianti di betonaggio sono sottoposti all'obbligo dell'esame dell'impatto ambientale (art. 9 LPA) solo se il flusso di massa della polvere supera i 50 kg/h (cifra 70.15 dell'allegato all'OEIA in combinazione con la cifra 41 dell'allegato 1 all'OIAt; consid. 5b).
2. Il principio della prevenzione impone all'autorità di intervenire già allo stadio di progettazione, segnatamente di verificare se l'impianto previsto corrisponde al grado attuale del progresso tecnico (art. 11, art. 12 e art. 25 LPA; art. 36 OIF; consid. 5c).
3. Attribuzione preventiva di gradi di sensibilità alle zone di utilizzazione per determinare i carichi ammissibili; modo di procedere, potere d'apprezzamento dell'autorità cantonale e controllo del Tribunale federale (art. 19 e art. 23 LPA; articoli da 2 a 5, 43 e art. 44 OIF; consid. 5d aa).
4. Impianto fisso nuovo (art. 25 cpv. 1 LPA, art. 7 cpv. 1 OIF) o modificazione sostanziale di un impianto esistente (art. 8 cpv. 2 e cpv. 3 OIF)? Una modificazione dal punto di vista costruttivo e/o funzionale di un impianto fisso esistente, che sotto il punto di vista del carico ambientale ha per effetto di far apparire insignificante quanto rimane dello stesso, dev'essere equiparata alla costruzione di un impianto nuovo. In questi casi l'art. 25 LPA è legge speciale rispetto all'art. 18 LPA; devono quindi essere ossequiati i valori di pianificazione (consid. 5d bb).
5. Rispetto dei principi dell'art. 11 cpv. 2 LPA anche per quanto riguarda l'inquinamento atmosferico (emissioni di polvere del progettato impianto); necessità di fornire all'autorità una dichiarazione delle emissioni (art. 12 OIAt) e possibilità per quest'ultima di esigere una previsione delle immissioni, ove dall'impianto siano da attendere emissioni considerevoli (art. 28 OIAt). Necessità di acquisire questi elementi fattuali all'incarto (consid. 5e).

Fatti da pagina 437

BGE 116 Ib 435 S. 437
Il 5 luglio 1988 la Edilbeton S.A. ha inoltrato al Municipio di Avegno una domanda di costruzione per sostituire un impianto di betonaggio sito sulla particella n. 493 del Comune, di proprietà del Patriziato. Il piano regolatore comunale, approvato dal Consiglio di Stato il 10 marzo 1987, inserisce il fondo nella zona artigianale, dove, giusta le relative norme di attuazione (NAPR), è ammessa soltanto la costruzione di edifici dell'altezza massima di 12 m destinati alla produzione industriale leggera e poco molesta, che non creino eccessive immissioni.
Il Dipartimento delle pubbliche costruzioni e il Municipio di Avegno hanno accordato all'istante l'autorizzazione cantonale e la licenza edilizia comunale per la realizzazione del nuovo impianto, subordinando i permessi a diverse condizioni. Contemporaneamente le due autorità hanno respinto le opposizioni introdotte da S. Rigamonti, proprietario di un'officina meccanica posta a circa 200 m dall'edificio contestato. Il Consiglio di Stato, adito da quest'ultimo, ha mantenuto il permesso edilizio, introducendovi soltanto l'obbligo supplementare di asfaltare il piazzale antistante l'impianto di betonaggio, fino al confine con la particella n. 489 e in corrispondenza del punto di transito degli autoveicoli pesanti.
Contro la decisione del Governo S. Rigamonti è insorto davanti al Tribunale cantonale amministrativo. Con pronuncia del 2 ottobre 1989 questo ha accolto il ricorso e ha annullato la decisione impugnata, insieme con l'autorizzazione cantonale (per accertamento inesatto dei fatti) e con la licenza edilizia comunale (per violazione delle NAPR sulle altezze).
La Edilbeton S.A. ha impugnato questo giudizio con atto intitolato ricorso di diritto pubblico per violazione degli art. 4 e 22ter Cost., chiedendo al Tribunale federale di annullare la sentenza cantonale e di confermare la decisione governativa, la licenza edilizia comunale e l'autorizzazione cantonale.
Il resistente Rigamonti ha proposto il rigetto del gravame. Trattandosi a suo parere di una nuova opera, l'autorità cantonale avrebbe dovuto procedere a una verifica preliminare per accertare se le emissioni previste siano state limitate nella misura massima consentita dal progresso tecnico. Il Municipio di Avegno ha postulato invece l'accoglimento dell'impugnativa, affinché possa entrare in funzione il nuovo impianto, più consono alla vigente normativa sulla protezione ambientale. Per il Dipartimento federale dell'interno, l'Ufficio federale dell'ambiente, delle foreste e del paesaggio (UFAFP) ha proposto la reiezione del ricorso, in particolare per la mancanza
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di un esame della conformità del progetto litigioso alle esigenze della legislazione sulla protezione ambientale.
Su richiesta del Giudice delegato la Sezione energia e protezione dell'aria del Dipartimento del Cantone Ticino ha fornito al Tribunale federale informazioni sui metodi adottati e i criteri seguiti per l'attribuzione del grado di sensibilità alla zona litigiosa, illustrando pure i motivi per cui ha rinunciato a presentare una perizia fonica.
Il Tribunale federale ha annullato il giudizio impugnato, accogliendo integralmente le critiche analizzate nella procedura del ricorso di diritto pubblico e parzialmente quelle trattate nella procedura del ricorso di diritto amministrativo.

Considerandi

Dai considerandi:
III. Sul ricorso di diritto amministrativo

3. (Accertamento dei fatti: cognizione del Tribunale federale.)

4. (Diritto applicabile.)

5. a) Secondo la strategia a due tempi posta alla base dell'art. 11 LPA, gli inquinamenti atmosferici, il rumore e le vibrazioni sono anzitutto da contenere con misure di limitazione delle emissioni applicate alla fonte (primo grado - cpv. 1). Elencati nell'art. 12 cpv. 1, tali provvedimenti devono esser previsti da ordinanze o, per i casi che non vi siano contemplati, da decisioni fondate direttamente sulla legge (art. 12 cpv. 2 LPA). Nell'ambito della prevenzione, questa limitazione delle emissioni deve spingersi sino al limite massimo consentito dal progresso tecnico, dalle condizioni di esercizio e dalle possibilità economiche, e ciò indipendentemente dal carico inquinante già esistente (art. 11 cpv. 2 LPA). Se, considerate queste misure, sia certo o probabile che gli effetti, tenuto conto del carico inquinante esistente, divengano dannosi o molesti, le limitazioni alla fonte devono esser inasprite (secondo grado; SCHRADE, in: Kommentar zum Umweltschutzgesetz, n. 3 seg., 16 segg. e 19 segg. all'art. 11; DTF 115 Ib 456 segg., in particolare 462, consid. 3a e b). Per questa valutazione prognostica di tali effetti dannosi o molesti, suscettibili di esigere un inasprimento delle misure alla fonte, sono determinanti in primo luogo i valori limite delle immissioni, fissati dal Consiglio federale per ordinanza (art. 13 cpv. 1 LPA), sulla scorta dei criteri generali enunciati nel secondo capoverso dello stesso disposto e di quelli particolari stabiliti negli art. 14 (per gli inquinamenti
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atmosferici) e 15 LPA (per il rumore e le vibrazioni). Qualora tali valori limite (ancora) mancassero o non consentissero di risolvere il problema, le autorità d'esecuzione devono stabilire nel singolo caso, sempre sulla scorta dei citati principi, quanto dev'esser ritenuto dannoso o molesto (cfr. DTF 115 Ib 451 consid. 3b e 454 consid. 4b; 115 Ib 463 consid. 3d; ZBl 90/1989 pag. 226 consid. 3c; SCHRADE, op.cit., n. 37 all'art. 11 e n. 3 all'art. 13).
b) Controverso è in causa innanzitutto se il progettato impianto sia da sottoporre all'esame dell'impatto sull'ambiente (EIA) giusta l'art. 9 LPA e la relativa ordinanza del Consiglio federale del 19 ottobre 1988 (OEIA). Il Consiglio di Stato l'aveva escluso con il rilievo che nella fattispecie si tratta di sostituire un'antiquata istallazione con un impianto tecnicamente aggiornato e meno rumoroso. Quest'opinione è manifestamente erronea. Da un canto, se ne sono verificate le premesse, l'obbligo dell'EIA sussiste non solo per le nuove costruzioni, ma anche per la "trasformazione sostanziale" di impianti esistenti, se essi sottostanno all'esame (art. 2 cpv. 1 lett. a OEIA), e tale dev'esser quantomeno considerata quella qui controversa, come ancora si vedrà; d'altro canto, l'obbligo dell'EIA sussiste anche per gli impianti esistenti non sottoposti all'esame, se la modifica prevista li trasforma in impianti assoggettati (art. 2 cpv. 2 lett. a OEIA). Infine, un presunto miglioramento della situazione esistente in virtù dell'applicazione di nuove tecnologie non è motivo di esenzione dall'EIA (DTF 114 Ib 354 alle fine; 115 Ib 345 consid. 2c).
Il Tribunale amministrativo, invece, ha negato la necessità dell'esame, adducendo che gli impianti per la preparazione del calcestruzzo non sono inclusi nella lista di quelli assoggettati, allegata all'OEIA.
La motivazione dell'ultima istanza cantonale non può esser condivisa. È invero esatto che l'impianto progettato non rientra nella categoria dei cementifici soggetti all'esame indipendentemente dalla loro grandezza in virtù della cifra 70.10 OEIA. Nondimeno, come giustamente rileva nelle sue osservazioni l'UFAFP, tutti gli impianti del settore industriale "pietre e terra", tra cui si annovera quello progettato, possono gravare notevolmente l'ambiente soprattutto con le emissioni di polvere derivanti dal loro funzionamento: per essi l'OEIA (cfr. cifra 70.15) fa dipendere l'obbligo dell'esame dal superamento di valori prestabiliti, con riferimento all'OIAt e ai suoi allegati. Per l'impianto controverso, l'esame dell'impatto sarebbe necessario se ci si dovesse attendere
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un flusso di massa della polvere superiore a 50 kg/h (cifra 70.15, lett. b OEIA; cifra 41 dell'allegato 1 all'OIAt).
Ora, l'incarto non contiene indicazioni sul prevedibile flusso di massa di polvere, onde ci si può chiedere se l'autorità cantonale non debba esser astretta ad assumere i dati necessari, prima di esentare la ricorrente dall'esame. Tuttavia, l'UFAFP allega che in base all'esperienza si può con certezza quasi assoluta ammettere che un impianto di betonaggio del genere non supera i limiti stabiliti dalla cifra 70.15 OEIA. Il Tribunale federale non ha motivo di dissentire da quest'opinione specialistica, e - in assenza di elementi concreti in contrario senso - conclude che l'autorità di rilascio dell'autorizzazione cantonale poteva, in base ai dati dell'esperienza dedotta dagli impianti similari esistenti nel cantone, esentare il progetto dall'esame dell'impatto. Sarà tuttavia opportuno, per il futuro, che in casi del genere l'autorità cantonale di rilascio dei permessi si premuri di acquisire all'incarto i dati necessari per consentire alle autorità di ricorso un controllo adeguato senza procedere a ulteriori misure d'istruzione.
Si deve così concludere che l'ultima istanza cantonale, negando con motivazione inesatta la necessità dell'EIA, non ha in tal punto violato il diritto federale.
c) Sotto il profilo dell'esame preliminare per le misure della prima fase (art. 11 cpv. 1, 12 LPA) si può convenire - contrariamente all'opinione del Tribunale amministrativo - che l'autorità dipartimentale poteva ritenere in linea di principio che il progettato impianto (centrale della ditta Ammann BZT 1,5/110 E) fosse di per sé conforme al grado attuale del progresso tecnico. Tuttavia, il piano prodotto e approvato dal Dipartimento delle pubbliche costruzioni non illustra quale concreto progetto sarà per finire eseguito, ma consente numerose varianti. Esse non concernono soltanto le dimensioni della torre e la capacità dei contenitori di minerali e del cemento, ma hanno rilevanza per l'entità della produzione, le condizioni d'esercizio e le ripercussioni ambientali. Infatti, sul basamento standard dell'altezza di 10.250 m, possono esser collocati da 3 a 5 elementi per gli inerti (altezza totale da 6.420 m a 10.700 m, capacità da 154 a 274 m3); l'altezza dei due sili paralleli del legante può variare da 6.040 m a 12.040 m (capacità da 2x39,5 m a 2x78,5 m3). Anche la ripartizione interna dei sili degli inerti può variare da 4 a 8 scomparti. Di più: le misure indicate dal progetto (valori in parentesi) avvertono che esso può esser eseguito con o senza mantello di rivestimento esterno. Dall'incarto non si desume quale
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funzione abbia questo rivestimento, ma è da ritenere che esso serva (anche) quale isolazione acustica. Poiché tra le misure di limitazione delle emissioni alla fonte rientrano anche le prescrizioni di costruzione (art. 12 lett. b LPA), l'autorità dipartimentale dovrà chiarire tutti questi aspetti, eventualmente richiedendo dall'istante o dal fornitore dell'apparecchiatura dati sull'emissione di rumore (art. 25 LPA, 36 OIF), e indicare poi chiaramente se e quali varianti di esecuzione entrino in considerazione tenuto conto delle esigenze dell'art. 11 cpv. 2 LPA. La generica autorizzazione rilasciata, non solo lascia sussistere incertezze che possono esser fonte di future contestazioni, ma non è conforme al principio basilare della prevenzione, secondo cui l'autorità deve intervenire già allo stadio della progettazione e non soltanto a esecuzione avvenuta (ETTLER, in: Kommentar zum Umweltschutzgesetz, n. 1 all'art. 25): così, ad esempio, per la determinazione della durata giornaliera media della fase di rumore, essenziale per stabilire il livello di valutazione, occorre, per gli impianti nuovi o modificati, fondarsi sulle previsioni d'esercizio (n. 32 cpv. 2 dell'allegato 6 all'OIF).
d) Per gli eventuali provvedimenti di secondo grado il progetto dev'esser esaminato poi sotto il profilo delle prescrizioni federali contro il rumore.
aa) Per proteggere la popolazione dagli effetti dannosi o molesti delle immissioni conformemente al principio enunciato negli art. 13 e 15 LPA, negli allegati da 3 a 7 all'OIF il Consiglio federale ha fissato valori limite di esposizione al rumore (art. da 2 a 5 OIF), distinguendo tra valori di pianificazione (art. 23 LPA), valori limite d'immissione e valori d'allarme (art. 19 LPA). Questi valori sono differenziati a seconda del tipo di rumore, del periodo della giornata, dell'utilizzazione dell'edificio e della zona da proteggere. Conformemente all'art. 43 OIF, alle zone di utilizzazione giusta gli art. 14 segg. LPT devono esser assegnati anzittutto differenti gradi di sensibilità (da I a IV). Ciò deve avvenire al momento della delimitazione o modificazione delle zone, oppure in occasione della modifica del regolamento edilizio, al più tardi però entro dieci anni dall'entrata in vigore dell'ordinanza (art. 44 cpv. 1 e 2 OIF). Fintanto che tale assegnazione non sia intervenuta - com'è il caso per Avegno - il grado di sensibilità dev'esser stabilito caso per caso (art. 44 cpv. 3 OIF): in tale misura, il precedente diritto cantonale più non vige, e sono immediatamente applicabili le prescrizioni federali (DTF 115 Ib 355 consid. 2c, DTF 114 Ib 221 consid. 4a e
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rinvii). Nello stabilire i gradi di sensibilità, che costituiscono la premessa della determinazione dei carichi ammissibili, le istanze competenti fruiscono di un potere d'apprezzamento (DTF 115 Ib 357 consid. 2e). Nel caso concreto, risulta dalla decisione dipartimentale che sono stati stabiliti il grado di sensibilità II per la zona d'abitazione e il grado di sensibilità III per quella artigianale. Queste determinazioni non sono state contestate da nessuna delle parti e - in assenza di elementi che ne facciano apparire l'erroneità - il Tribunale federale non ha motivo di scostarsene.
bb) Per stabilire quali valori di esposizione al rumore debbano esser rispettati, occorre inoltre determinare preliminarmente in quale categoria rientri l'opera progettata. Infatti, per la "costruzione" di un impianto fisso l'art. 25 cpv. 1 LPA esige il rispetto dei valori di pianificazione (VP); tale esigenza è confermata dall'art. 7 cpv. 1 lett. b OIF per gli impianti "nuovi", sotto riserva delle facilitazioni previste dal cpv. 2. L'art. 2 cpv. 2 OIF avverte che quali impianti fissi "nuovi" sono considerati anche gli impianti fissi e gli edifici di cui viene cambiata completamente l'utilizzazione. Nel caso del risanamento di un impianto esistente (art. 16 LPA), invece, è imposto soltanto il rispetto dei valori limite d'immissione (VLI; art. 13 cpv. 2 lett. b OIF). Se, nel singolo caso, un risanamento a norma di legge (art. 16 cpv. 2 LPA) fosse sproporzionato, vanno accordate facilitazioni (art. 17 cpv. 2 LPA): in tale evenienza, mentre per gli inquinamenti atmosferici e le vibrazioni non devono esser superati i VLI, per le immissioni foniche il limite superiore che non può esser superato è quello dei valori d'allarme (VA; art. 17 cpv. 2 LPA). L'art. 8 OIF, dal canto suo, si occupa della limitazione delle emissioni nel caso di modificazione di impianti esistenti: esso dispone innanzitutto che le emissioni foniche delle parti d'impianto nuove o modificate devono esser limitate secondo le disposizioni dell'autorità esecutiva nella maggior misura possibile dal punto di vista tecnico, dell'esercizio e della sopportabilità economica (cfr. art. 11 cpv. 2 LPA); se l'impianto è modificato "sostanzialmente" è posta l'esigenza supplementare che le emissioni foniche dell'intero impianto siano almeno limitate in modo tale da non superare i VLI (art. 8 cpv. 2 OIF). Il cpv. 3 dell'art. 8 OIF specifica quali modificazioni debbano esser considerate come "sostanziali": nella sua seconda frase, esso prevede segnatamente che la "ricostruzione" ("Wiederaufbau") di un impianto dev'essere sempre considerata modificazione "sostanziale".
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Né l'autorizzazione cantonale, né la sentenza impugnata prendono espressamente posizione sulla categoria cui dev'essere assegnato il progettato impianto. L'autorizzazione cantonale richiede però il rispetto dei VLI, e, a tal proposito, fa riferimento all'art. 13 OIF. Da questa circostanza si può inferire che il Dipartimento delle pubbliche costruzioni, di concerto con quello dell'ambiente, ha (implicitamente) ritenuto di essere di fronte al caso del risanamento (volontario e anticipato) di un impianto esistente. Dal momento tuttavia che l'esigenza del rispetto dei valori limite d'immissione è analoga - eccettuato il problema delle facilitazioni giusta l'art. 17 cpv. 2 LPA, evocato sopra - nei casi del risanamento (art. 13 OIF) e della modificazione sostanziale (art. 8 OIF) si potrebbe però anche ritenere che, indipendentemente da un risanamento, il Dipartimento abbia considerato che la fattispecie ricade nell'ambito delle "modificazioni sostanziali" rette dall'art. 8 OIF, e segnatamente delle "ricostruzioni" menzionate dal cpv. 3, ultima frase, di tale disposto.
A torto l'autorità esecutiva cantonale non si è chiesta se non dovessero applicarsi al caso gli art. 25 LPA e 7 OIF.
La delimitazione della sfera d'applicazione di questi due disposti da quella delle norme relative al risanamento (art. da 16 a 18 LPA), rispettivamente alla modifica di impianti esistenti (art. 8 OIF), non è invero agevole. Così com'è formulato, infatti, l'art. 8 OIF può suscitare l'impressione che tale norma regoli compiutamente tutti i casi di modificazione di impianti fissi, distinguendo unicamente la categoria delle modificazioni essenziali da quelle che non lo sono, e segnatamente annoverando tra i primi i casi di ricostruzione di un impianto. Tuttavia, quest'interpretazione non resiste all'esame. In effetti, non può essere disatteso che il legislatore, imponendo per la "costruzione" di impianti fissi il rispetto dei valori di pianificazione, non ha voluto alludere soltanto all'edificazione di un impianto prima inesistente, ma ha inteso riferirsi anche a quegli impianti esistenti, i quali vengano talmente mutati dal punto di vista costruttivo o funzionale, che quanto rimane dell'impianto anteriore più non appaia che di importanza secondaria rispetto al nuovo. Determinanti per stabilire se ciò sia il caso non sono necessariamente i criteri usuali in materia di polizia delle costruzioni o di pianificazione del territorio, ma gli aspetti ecologici, in particolare quelli fonici, e in genere la finalità di prevenzione che informa la legge. Impianti modificati nella suddetta maniera - sotto riserva dei casi di rigore - non possono pretendere di fruire delle
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facilitazioni accordate nei casi di risanamento o di altre modifiche. Questa regola si impone, come specifica il messaggio del Consiglio federale (FF 1979 III 763), già per motivi di neutralità nel campo della concorrenza: essa impedisce inoltre che le più severe disposizioni regolanti la costruzione di impianti nuovi siano eluse ricorrendo all'artificio della trasformazione o dell'ingrandimento di impianti esistenti. Quest'interpretazione del termine di "costruzione" ("Errichtung") utilizzato all'art. 25 LPA è d'altronde stata confermata dai relatori nei dibattiti al Consiglio nazionale (Boll.CN 1982, pag. 398, I colonna, voto Schmid, II colonna, voto Petitpierre). Certo, l'ordinanza (art. 2 cpv. 2 OIF) si limita a precisare che come nuovi devono esser considerati anche gli impianti fissi e gli edifici di cui viene cambiata completamente l'utilizzazione: ma - nel quadro di un'unterpretazione conforme alla legge - si deve ritenere che il Consiglio federale, autore dell'ordinanza, abbia inteso semplicemente con questa precisazione porre in rilievo uno dei casi che cadono sotto la regola degli art. 25 LPA e 7 OIF, e non già fare di tale cambiamento completo di destinazione il criterio esclusivo di distinzione fra la "costruzione" di un impianto (nuovo) e la modifica di un impianto esistente. I commentatori sono d'altronde concordi nel ritenere che, nella misura in cui, tenendo conto di tutte le circostanze, si sia in presenza dal punto di vista funzionale di un nuovo impianto nel senso ora precisato, l'art. 25 LPA è legge speciale per rapporto all'art. 18 LPA e quindi lo sostituisce (ETTLER, in: Kommentar zum Umweltschutzgesetz, n. da 11 a 17 all'art. 25; SCHRADE, ibidem, n. 37 all'art. 18). In simili casi, non resta dunque più spazio né per un'applicazione delle disposizioni sul risanamento, né per quella dell'art. 8 OIF: se ciò si verifica, non è neppure determinante che il nuovo impianto costituisca oppure no un miglioramento rispetto alla situazione preesistente. ciò premesso, tenuto conto delle considerazioni che ancora si faranno in proposito, è superfluo occuparsi in questa sede della critica che Schrade muove al testo dell'art. 8 OIF, da lui considerato addirittura contrario alla legge (loc. cit.): basta assodare che questo disposto non regola tutti i casi di modifica di un impianto esistente, ma solo quelli non assimilabili - in concreto - alla costruzione di un (nuovo) impianto, e che, stabilendo che la "ricostruzione" di un impianto deve sempre essere considerata quale "modificazione essenziale", la seconda frase del cpv. 3 intende soltanto stabilire un'esigenza minima per quei casi di ricostruzione che non
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possano, nelle circostanze concrete, esser fatti rientrare nel novero di quelli retti dall'art. 25 LPA e 7 OIF (ETTLER, op.cit., n. 17, pag. 9, terzo comma all'art. 25).
Se si applicano questi criteri non fa dubbio che l'impianto progettato dev'essere equiparato alla costruzione di un impianto fisso (nuovo) secondo gli art. 25 LPA e 7 OIF. Il precedente impianto risulta essere già stato demolito, e nell'incarto manca qualsiasi elemento per giudicare se si trattasse di un impianto da risanare sotto il profilo della legge e dell'ordinanza (cfr. art. 13 cpv. 1 OIF). Giusta la decisione del Consiglio di Stato - che riferisce in tal punto le viste dell'istante - la costruzione è dettata "unicamente da motivi di carettere tecnico, inerenti alla composizione del beton prodotto". La ricorrente non solo non impugna nel gravame questo accertamento, ma lo conferma, affermando trattarsi "della sostituzione di un vecchio impianto, ormai desueto e non più conforme alle nuove norme SIA". La costruzione della nuova centrale è determinata pertanto dall'esigenza di adeguare la produzione alle richieste del mercato - segnatamente aumentando la capacità, migliorando la qualità e allargando la diversificazione dei prodotti - non invece - o solo in via secondaria - dal proposito di mettersi in regola con le nuove esigenze in materia di protezione dell'ambiente. Già questi elementi soggettivi (ETTLER, loc.cit., n. 16 all' art. 25 LPA) costituiscono indizio dell'intenzione di creare un impianto nuovo. Se si prendono poi in considerazione gli elementi oggettivi del progetto si giunge allo stesso risultato: tanto dal punto di vista della sostanza costruttiva, quanto da quelli funzionale, della produzione e dell'esercizio, la centrale è nuova, e gli elementi residui della precedente attrezzatura sono affatto marginali. L'autorità esecutiva dovrà quindi considerare il nuovo impianto soggetto agli art. 25 LPA e 7 OIF, ed esigere il rispetto dei valori di pianificazione: la questione della concessione di eventuali facilitazioni (art. 25 cpv. 2 LPA) non deve essere esaminata in questa sede.
e) Anche per quanto riguarda l'inquinamento atmosferico - in concreto le emissioni di polvere del costruendo impianto - sono da rispettare i principi dell'art. 11 cpv. 2 LPA (cfr. art. 3 segg. OIAt e allegato 1 a detta ordinanza). Se c'è da aspettarsi che l'impianto previsto provochi immissioni eccessive, anche se la limitazione preventiva delle emissioni è rispettata, l'autorità decide limitazioni completive o più severe delle emissioni (art. 5 OIAt): ciò vale d'altronde anche per gli impianti esistenti (art. 9 OIAt). Per consentire una
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valutazione, il richiedente deve fornire una dichiarazione delle emissioni (art. 12 OIAt): se dall'impianto ci si devono attendere emissioni considerevoli, l'autorità può esigere dal titolare anche una previsione delle immissioni (art. 28 OIAt); essa procede, dopo la messa in funzione dell'impianto, ai controlli e alle misurazioni, e sorveglia che le limitazioni siano rispettate (art. 13 OIAt).
Come osservato sopra (consid. 5c), anche per quanto riguarda le emissioni di polvere, il Dipartimento poteva ritenere in linea di principio che la centrale marca Ammann BZT 1,5/110 E sia di per sé conforme al grado attuale del progresso tecnico: il Consiglio di Stato ha rettamente aggiunto l'obbligo di asfaltatura dei piazzali ove circolano gli automezzi (cfr. cifra 43 cpv. 4 dell'allegato 1 all'OIAt). Anche la riproduzione nel permesso delle misure applicabili alle operazioni di trattamento, d'immagazzinamento, di trasbordo e di trasporto, di cui alla cifra 43 dell'allegato 1 all'OIAt, e la prescrizione del rispetto dei valori limite d'immissione, segnatamente per la polvere in sospensione e la ricaduta di polvere in totale (allegato 7 all'OIAt), non prestano in sé il fianco alla critica. Ci si può unicamente chiedere se l'incarto del permesso contenga tutti gli accertamenti atti a documentare le conclusioni cui il Dipartimento è giunto nella sua valutazione preventiva del progetto (cfr. segnatamente art. 12 OIAt): sotto questo punto di vista, infatti, è da esigere che gli elementi fattuali su cui l'autorità si è fondata risultino chiaramente dall'incarto, affinché un controllo da parte del cittadino - per tacere del Consiglio di Stato e del Tribunale amministrativo - sia reso possibile. Questo vale anche nel caso in cui l'autorità di esecuzione si sia fondata - come parrebbe da ritenere - su dati d'esperienza. Dal momento però che le imposte condizioni dovranno formare oggetto di controlli dopo la messa in funzione dell'impianto, tale incompletezza degli atti non giustificava, sotto questo punto di vista, l'annullamento puro e semplice della decisione del Consiglio di Stato e dell'autorizzazione cantonale da parte del Tribunale amministrativo.

6. Si deve così giungere alla conclusione che il Tribunale amministrativo avrebbe dovuto sottoporre le decisioni dell'autorità esecutiva e del Consiglio di Stato a un esame più approfondito, e ch'esso non poteva annullare puramente e semplicemente l'autorizzazione rilasciata con un generico riferimento all'insufficienza degli accertamenti. Il ricorso di diritto amministrativo deve quindi esser parzialmente accolto nel senso dei considerandi e la decisione impugnata
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dev'essere annullata. In applicazione dell'art. 114 cpv. 2 OG, giova rimandare la causa all'autorità di prima istanza, cioè al Dipartimento delle pubbliche costruzioni, affinché - di concerto con quello dell'ambiente - si pronunci di nuovo. L'autorità esecutiva dovrà determinare esattamente quale o quali varianti d'esecuzione debbano esser imposte per limitare le emissioni nella misura massima consentita dal progresso tecnico, dalle condizioni d'esercizio e dalle possibilità economiche. Sotto questo aspetto, un'attenzione particolare sarà rivolta non solo alla questione del mantello di isolazione dei sili (sopra, consid. 5c), ma anche al problema degli eventuali schermi per il rumore prodotto al momento del carico dei sili e a quello dello scarico dei prodotti negli autocarri, che - come l'esperienza insegna - costituiscono fasi critiche (cfr. cifre 1 lett. b e 33 dell'allegato 6 all'OIF). Tenendo conto di queste condizioni d'esercizio, che dovranno esser appurate, l'autorità dovrà poi segnatamente accertare se, per ognuna delle zone interessate in applicazione dell'art. 38 OIF, è da prevedere che i valori di pianificazione secondo l'allegato 6 all'OIF saranno rispettati, e se ciò non fosse il caso, pronunciarsi su eventuali facilitazioni giusta l'art. 25 cpv. 2 LPA. Gli atti dovranno altresì esser completati per quanto ha tratto alla protezione dell'atmosfera.

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Fatti

Considerandi 3 4 5 6

referenza

DTF: 115 IB 456, 115 IB 451, 115 IB 463, 114 IB 354 seguito...

Articolo: art. 8 OIF, art. 12 OIAt, art. 8 cpv. 2 e cpv. 3 OIF, art. 28 OIAt seguito...